01/07/16

Penso dunque sono

"Cogito ergo sum" ovvero “Penso dunque sono”. Questo il famoso motto di Cartesio. “Ti conosco quindi sei”. Questo il motto degli umani del ventunesimo secolo. Quelli immersi nei social e posseduti dai media. Sempre connessi con il mondo. Ricevitori passivi di una conoscenza non controllata e non verificata. Oggi se non mi conosci non esisto. In realtà, seguendo la logica cartesiana, “io esisto anche se non mi conosci”. Io penso e dunque esisto. Penso e dunque mi informo. Mi informo e ti conosco. Basta poco. E’ paradossale constatare come nel mondo odierno supertecnologico, dominato dall’informazione, regni incontrastata l’ignoranza. Una malattia che si può tuttavia guarire con una medicina alla portata di tutti, sugli scaffali delle biblioteche o delle librerie: la conoscenza. 

17/02/16

Questione di leadership

Il leader guida il gruppo: si entusiasma. Il leader motiva e gratifica: è invidiato e imitato. Il capo è temuto e detestato. Il capo ordina, si prende i meriti del lavoro degli altri, ma ne castiga gli errori. Il leader domanda, comunica, condivide idee, azioni e successi, ma si fa carico degli errori. Il leader crea fiducia e rispetto. Il capo genera diffidenza, incute timore. Il leader fa valere le proprie idee al gruppo. Il capo le impone. Chi si riconosce nell’uno o nell’altro? Chi segue? Chi esegue?
Una società sana e vitale, in grado di crescere e distribuire ricchezza e felicità è solo quella guidata da leader, non quella retta da caporioni. La nostra debolezza oggi è questa. La mancanza di leader ci rende impreparati e deboli di fronte al futuro. Incapaci di fare un passo verso il cambiamento, perché privi di una guida certa e di obiettivi condivisi. Poveri di validi leader che possano, afferrando saldamente il timone, guidarci fuori dalle secche.


01/02/16

Diritto di famiglia

Ho già avuto modo di commentare lo spinoso problema delle unioni civili tra persone dello stesso sesso tempo fa in questo blog. L’articolo cercava di analizzare i diritti e i doveri delle coppie omosessuali nel contesto di una moderna e evoluta visione laica della società. L’argomento torna oggi prepotentemente alla ribalta essendo in discussione (e in votazione) in parlamento il disegno di legge sulla “Disciplina delle coppie di fatto e delle unioni civili”. Diversamente dall’opinione comune questa legge non regolamenterà solamente le unioni tra soggetti omosessuali. Essa si propone infatti di offrire ai cittadini che optano per forme non tradizionali di convivenza la necessaria tutela giuridica, evitando così ogni forma di discriminazione ai loro danni. E’ finalmente venuto il momento di riconoscere giuridicamente tutte quelle forme di convivenza socialmente rilevanti, evitando che la loro realizzazione sia lasciata alle interpretazioni più o meno fantasiose di chi, di volta in volta, è chiamato a giudicare.
Purtroppo, i più ignorano che di fatto la legge cerca di regolare qualsiasi convivenza, e non necessariamente solo quella tra omosessuali, e così facendo ambisce a trascendere l’unico possibile legame indicato nel matrimonio, pur tuttavia non equiparandosi ad esso. La proposta di legge definisce ad es. l'unione civile come quella condizione per cui “due persone maggiorenni, anche dello stesso sesso, ... denominate «parti dell'unione civile», possono contrarre tra loro un'unione civile per organizzare la loro vita in comune”. Fin qui nulla di eclatante. Si amplia e completa il concetto di contratto civile ad un’unione, che può coinvolgere anche due persone amiche, magari in età avanzata, che decidano di organizzare la propria vita in comune con diritti e doveri regolati giuridicamente, al fine di garantire sicurezza economica, tutela della propria persona di fronte alla legge, diritto alla salute, certezza del futuro, ecc. Si tratta in questo caso della convivenza di fatto ("...si intendono conviventi di fatto le persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile").
Purtroppo la discussione, in questi tre anni dalla presentazione della proposta di legge, si è concentrata quasi esclusivamente sul “matrimonio omosessuale”, che non è in realtà l’obiettivo principale della legge, e sulla possibilità degli omosessuali di adottare figli, e magari di generarli tramite il ricorso alla surrogazione di maternità (più volgarmente detto “utero in affitto”). La proposta di legge (“Diritti dei figli e concorso all'adozione o all'affidamento”), recita che “I figli delle parti dell’unione civile, nati in costanza dell'unione civile, o che si presumano concepiti in costanza di essa secondo i criteri di cui all'articolo 232 del codice civile, hanno i medesimi diritti spettanti ai figli nati in costanza di matrimonio”. Si enuncia inoltre che “Le parti dell'unione civile possono chiedere l'adozione o l'affidamento di minori ai sensi delle leggi vigenti, a parità di condizioni con le coppie di coniugi”.
Fatte le dovute premesse, va detto che il dibattito politico e civile che si è creato intorno alla proposta di legge sulle unioni civili e le coppie di fatto, appare intriso di molteplici pregiudizi culturali e religiosi. Stabilito che alcuni rischi di non eticità della legge, come ad es. il ricorso alla maternità surrogata, sono remoti, in quanto il disegno di legge non dà accesso all'adozione di bambini che non sono figli di uno dei due coniugi, nè alla gestazione per altri, vediamo di analizzare criticamente le varie prese di posizione all’interno della società civile. La Chiesa (Conferenza Episcopale) ha anacronisticamente sollevato gli scudi a difesa di un concetto immutabile e immobile di famiglia ormai realisticamente sorpassato. Il concetto di famiglia propugnato dalla Chiesa, e unicamente incentrato sulla procreazione, e sui figli, ma in realtà si applica ad una della tante forme di famiglia, previste dalle varie culture. Nel mondo globalizzato la famiglia assume diverse sfaccettature e connotati, che la legge deve garantire a tutela della varietà culturale dei propri cittadini. Tuttavia, appoggiata anche da certe fazioni politiche, la gerarchia ecclesiastica ancora una volta pretende di orientare le scelte delle famiglie, pur non conoscendone in prima persona le diverse realtà, le problematiche, le difficoltà, le fatiche quotidiane, e le contraddizioni. Nel dibattito entrano anche i due estremi della cultura laica, anch’essi pervasi sovente da grave pregiudizi, seppure di diversa natura. Da una parte la sinistra, che ha storicamente fatto della lotta per l'emancipazione degli omosessuali una battaglia ideologica, fomentando lo scontro politico e sociale. All’opposto si pone la cultura di destra, quella storicamente centrata sul concetto di famiglia come fabbrica di cittadini, soldati della patria.
Nonostante i dibattiti e le polemiche, va comunque ricordato che esiste una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che impone allo stato italiano di allinearsi (per quanto riguarda le unioni civili) a quanto è già diffuso in tutti i paesi dell’Europa occidentale (come mostrato nella mappa).
L’attuale proposta di legge, che viene discussa in parlamento, è in linea con le leggi vigenti nelle moderne democrazie europee. La legge permetterà anche l'adozione del figlio di uno dei due coniugi, a garanzia  legale del minore ad es. alla morte del genitore biologico, I benpensanti obiettano che questo comporterebbe gravi problemi per questi bambini, dimenticando che questi bambini già vivono in famiglie di coppie omosessuali e che sembrano altrettanto felici dei figli di coppie eterosessuali (come peraltro scientificamente dimostrato da studi medici). Ma poi perchè questo pregiudizio verso i genitori omosessuali quando viviamo nella società delle famiglie “scoppiate”, del divorzio facile, delle famiglie allargate, di madri e figli abusati e sfruttati?
Non giudichiamo ciò che non conosciamo e affranchiamoci dall'imprinting culturale, che impone un concetto di famiglia precostruito e anacronistico. Ricordiamoci che la diversità è un valore, ben più della normalità. Certo, il cambiamento porta con sé tante incognite, ma per migliorare l'umanità, la società deve cambiare.

Come disse Winston Churchill: "Non sempre cambiare equivale a migliorare, ma per migliorare bisogna cambiare”.

27/01/16

La giornata della memoria

Il 27 gennaio 1945 le truppe dell'Armata Rossa, impegnate nella grande offensiva oltre la Vistola in direzione della Germania, liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. In questo infame luogo di tortura e morte furono sterminate 1 milione e mezzo di persone! Dal 2005 l'ONU ha decretato che in questo giorno si celebri la Giornata della Memoria, in ricordo di tutte le vittime dell'olocausto. Tra queste c'è Primo Levi, sopravvissuto agli stenti e alle privazioni fisiche della prigionia, ma non al terribile ricordo, che lo rapì in un giorno di primavera di 29 anni fa.

06/12/15

Non è colpa nostra

Smettiamola una buona volta di avere rimorsi di coscienza per ogni cosa. Smettiamola di addossarci la colpa per tutto. Smettiamola di volere a tutti costi spiegare tutto quello che ci accade intorno. Tutto si può comprendere, ma poco si può spiegare. Chi punta il dito contro di noi lo fa per perseguire con furba ipocrisia il suo scopo prepotente. Non è colpa nostra se ci sono dei folli che in nome della religione o di un’ideologia o di propri interessi vogliono annientarci o sottometterci. Non è colpa nostra se esiste la povertà, la guerra, le malattie, la cattiveria. Non è colpa nostra se esiste il MALE.
Ma è colpa nostra se non compiamo piccoli gesti quotidiani per combattere tutto questo. E’ colpa nostra se non riconosciamo il male quando ci si presenta. E’ colpa nostra se non seguiamo la nostra natura umana, più propensa al bene che al male. Non facciamoci conquistare dal male, anche quando si presenta a noi nelle forme più subdole, di chi punta ipocritamente il dito contro di noi, accusandoci ingiustamente, facendo leva sulla nostra coscienza. Usandoci per i suoi scopi malefici. Ricordiamoci che è colpa nostra se ci facciamo conquistare dal male. E' colpa nostra se non perseguiamo il BENE.

15/11/15

Je suis Européen

Al di là dell’incredulità, del dolore, del cordoglio e della rabbia, a stento tenuta sotto controllo dalla ragione, gli eventi drammatici avvenuti pochi giorni fa a Parigi ci insegnano purtroppo, ancora una volta, la solita dura lezione: nel mondo globalizzato l’orgogliosa solitudine delle nazioni non può vincere contro chi, con il pretesto di un proprio credo religioso o politico, voglia prevaricare i diritti degli altri.
Non è insolito che proprio la Francia sia oggetto di ripetuti attacchi da parte di movimenti integralisti. In Francia ha avuto origine il pensiero illuminista, alla base delle moderne democrazie occidentali, prima fra tutte gli Stati Uniti (ironia della sorte “Le Bataclan” si trova in Boulevard Voltaire…). La Francia è stata la prima nazione che ha avuto il coraggio di abbattere con la forza la monarchia secolare e creare una moderna repubblica, che riconosce l’uguaglianza e la libertà di tutti i suoi cittadini, indipendentemente dai loro geni. E’ stata la prima nazione, con l’alienazione dei beni della Chiesa in epoca rivoluzionaria, a separare Stato e Religione. La Francia è il primo vero paese “laico”: un paese dove le istituzioni proteggono i propri cittadini, garantendo loro libertà di espressione e indipendenza dal pregiudizio. Tuttavia, anche per questo primato, la Francia è il paese orgoglioso che vive sovente il rapporto con gli altri paesi (soprattutto europei) in maniera non sempre altruista.
E’ ora che questi tragici episodi, che si ripetono ormai troppo spesso, ci insegnino ad essere più uniti, al di là dei puri interessi nazionali, ad essere più altruisti, a difesa dei comuni interessi. L’unione di intenti ed un maggiore altruismo, comporta anche l’abbandono della politica dei “due pesi e due misure”. Tutta l’Europa piange oggi con grande trasporto e giusta commozione i morti e i feriti di Parigi, francesi e non. Ma ha già “egoisticamente” dimenticato i 224 morti innocenti del volo russo della Kogalymavia abbattuto nei cieli del Sinai solo 2 settimane fa, o i 41 morti dell’attentato di Beirut di pochi giorni fa. E potrei proseguire citando tanti altri episodi meno recenti, ma altrettanto drammatici. Una cosa è certa: questo differente atteggiamento nei riguardi di eventi tanto simili conferma l’incapacità delle democrazie occidentali di “fare gruppo”, ancora troppo legate per cultura ai propri interessi locali, incapaci di guardare oltre i propri confini, anche quando è in gioco la sopravvivenza di tutta la comunità. Ecco quindi che mi auspico che eventi come quello di Parigi, così come quelli precedenti di New York, Madrid e Londra, ma anche tanti eventi “minori” portino ad un’azione comune che affronti in maniera decisa e risolutiva i problemi. Non si chiede solo e sempre l’uso della forza bruta, spesso controproducente, ma un’energica ed efficace azione di contrasto: anche gli antichi romani, un popolo di saggi e al tempo stesso di conquistatori, seguiva il motto “si vis pacem, para bellum” (“se vuoi la pace prepara la guerra”). Quello che è necessario ora, subito, è una vera unione delle culture, degli spiriti, delle politiche, degli intenti; priva di retorica e di interessi personali o nazionali. Per questo oggi, controcorrente rispetto a quanto si vede sui social, o si sente dire in televisione, io non mi sento italiano o francese, ma mi sento Europeo, membro orgoglioso di questa variegata umanità. E guardo con speranza ai miei simili, dai quali mi separa solo la lingua, non un esile striscia di terra, un’ideologia, un governo, una religione. I mie simili, con i quali condivido ciò che veramente importa: il diritto di essere libero e felice e il dovere di assicurarmi che anche gli altri possano essere liberi e felici.
Ieri, oggi e domani “Je suis Européen”.

03/09/15

Il sacrificio dei giusti

3 Settembre 1982. Carlo Alberto Dalla Chiesa e Emanuela Setti Carraro vengono trucidati in un agguato mafioso a Palermo. Un evento che ha risvegliato le anime oneste e ha contribuito alla progressiva sconfitta del crimine organizzato. Onoriamo il loro sacrificio.

16/07/15

Il valore dei sogni e della diversità



Traggo spunto (anche) dall’insegnamento di un grande maestro, un visionario, che ha però il merito di avere cambiato (in meglio) il modo con cui milioni di persone vivono la loro quotidianità: Steve Jobs.
Le poche, semplici, e personali regole per realizzare la propria e altrui esistenza e costruirsi una vita felice.

  • Persegui quello che ami. Mettere la passione nel percorso verso il proprio obiettivo lo rende più vicino e realizzabile. 
  • Cerca di avere una visione della realtà e non semplicemente di “vedere” la realtà. La visione sviluppa la realtà oltre l’immaginabile e ne espande i confini. Dà consistenza e rende realizzabili i propri sogni.
  • Pensa diversamente e sii curioso. L’osservazione costante e l’esperienza sviluppano a dismisura la creatività.
  • Vendi i tuoi sogni: le idee innovative rivoluzionano la realtà e fanno progredire la realtà. Non dare alle persone ciò che chiedono o che vogliono, ma ciò di cui tu pensi necessitino. Capisci gli altri e soddisfa le loro inconsapevoli necessità, realizza le loro inconsce aspirazioni, e li renderai felici.
  • Sappi dire di no e concentrati sul tuo progetto. Sii utilitarista: circondati di chi condivide la tua visione e fai della felicità comune il fine ultimo di quello che fai.
  • Racconta bene la tua storia e convincerai i sognatori come te, che sono i veri innovatori, rendendo realizzabile il tuo progetto.
  • Non è importante il risultato fisico del tuo progetto (il prodotto), ma il beneficio che porta al suo utilizzatore e fruitore. I progetti, i loro prodotti, sono solo mezzi e strumenti per arricchire e migliorare la vita delle persone.
  • Fai della semplicità lo strumento per la realizzazione dei tuoi progetti. Le cose semplici sono quelle più difficili da costruire, ma quelle più facili da disseminare e da condividere.

Concludo con una citazione di un altro grande visionario, Henry Ford: “Se avessi chiesto ai miei clienti cosa volevano, mi avrebbero risposto: un cavallo più veloce”. Think different!

18/06/15

Una sconfitta diventata una vittoria



Alle 11:30 del 18 giugno di 200 anni fa, in una pianura poco distante dalla cittadina di Waterloo, si scontrarono gli eserciti più forti dell'epoca. Circa 200 mila uomini. Da una parte la Grande Armée imperiale, decimata dei suoi uomini migliori da quasi un ventennio di interminabili battaglie. Guidata da un genio militare e da un grande stratega, ma anche da un despota illuminato, l'Imperatore Napoleone I, la cui missione era imporre con la forza il modello rivoluzionario francese al mondo intero. Dall'altra parte un aggregato di eserciti alleati, guidato da Arthur Wellesley, Duca di Wellington, un astuto e capace generale britannico, che già aveva sconfitto le truppe napoleoniche in Spagna. Dopo ore di cruenti scontri, alle 19:30 l'attacco disperato della guardia imperiale napoleonica si infranse contro la soverchiante forza alleata, miracolosamente rafforzata dall'arrivo sul campo di battaglia dell'esercito prussiano. L'esercito francese è in rotta e Napoleone fugge. I francesi lasciano sul campo circa 27 mila tra morti e feriti, gli alleati 24 mila. Alle 21 Wellington e Blucher, comandante delle forze prussiane, si incontrano alla locanda della Belle Alliance, nelle vicinanze del campo di battaglia: ha ufficialmente termine la battaglia di Waterloo con la vittoria alleata.
Con la disfatta napoleonica a Waterloo ha termine un lungo periodo di guerre e carneficine, ma anche di novità e moti libertari che hanno invaso tutta l'Europa. Un movimento antimonarchico e laico, che tendeva alla vera uguaglianza tra gli individui e alla libertà dei cittadini, contro il giogo della secolare tirannia aristocratica e clericale. Ha inizio un periodo di restaurazione che vedrà i popoli europei, e tra questi anche la popolazione italiana, sottomessi ad un potere dispotico e crudele. Ben presto l'Europa sarà nuovamente incendiata dai moti rivoluzionari che daranno vita progressivamente, di lì a un secolo, alle moderne monarchie costituzionali e alle repubbliche europee. L'idea di democrazia e libertà promulgata dal pensiero illuminista e imposta con le armi da Napoleone non muore a Waterloo. Quel giorno è stata persa una battaglia importante, che però non ha interrotto il naturale evolversi della storia.

30/05/15

La volontà e il bisogno

Il bravo governante, come il buon genitore, non deve soddisfare i capricci, ma i reali bisogni dei propri "figli". Non deve garantire loro sempre e comunque ciò che a tutti i costi vogliono, ma ciò di cui realmente necessitano, anche quando questa necessità è inconsapevole, non percepita come tale. Ma è una strada in salita, che spesso scontenta il proprio elettorato. Ciononostante il giusto governante deve analizzare e soppesare le richieste dei singoli, capire se esse siano compatibili con le reali necessità della comunità e giovare ad essa. Le esigenze dei pochi devono armonizzarsi con il benessere dei più. L'amministratore che pensa solo a mantenere e ad esercitare il potere, che ha a cuore prima di tutto il proprio interesse, soddisfa le richieste esclusivamente in base all'utilità propria e di chi lo può sostenere e proteggere. Mantenere il consenso è cosa semplice: è sufficiente soddisfare. Governare efficacemente è più complicato e spesso causa cali di consenso: le scelte giuste e utili, ma non conformiste, possono causare malumori e proteste. Tuttavia, chi spesso protesta è colui che poco merita, perchè mosso da un dannoso pregiudizio e dalla cieca ideologia. Privo di ogni apertura mentale costui è guidato da un pericoloso "pensiero rettilineo", e non da un più costruttivo ed efficace "pensiero trasversale": un'apertura mentale che garantisce un giudizio obiettivo e rende più propensi a cambiare in positivo lo stato delle cose.

23/05/15

Mai dimenticati

Quel 23 maggio ero lì, a pochi chilometri dal luogo del vigliacco atto mafioso, in mezzo a tanti bravi siciliani. Persone per bene. Ricordo lo sconcerto, il dolore, l'impotenza, subito sostituiti dalla rabbia e dalla voglia di giustizia, dal grande senso dello Stato, come quegli eroi: Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, Vito Schifani.


05/05/15

L'inutile resistenza al cambiamento

Spesso ci dimentichiamo che l'umanità evolve grazie al cambiamento. Un processo inevitabile, ma spesso difficile e complesso, perchè è il risultato del compromesso tra chi vuole che tutto resti immutato e chi pretende rivoluzioni epocali. Mentre la natura è in costante mutazione e evoluzione, è caratteristica peculiare dell'umanità frenare il cambiamento, opporsi ad esso. Perchè l'umanità a differenza del mondo animato e inanimato che la circonda ha un dono maledetto: la razionalità. La nostra intelligenza ci porta a sopraffare la natura e il "diverso", a mantenere lo status quo. Ma è il diverso il responsabile del cambiamento in natura, e l'umanità non fa eccezione.
La mutazione genetica è il cambiamento, un bene che porta l'uomo ad adattarsi all'evoluzione del mondo che lo circonda lasciando indietro chi, utilitaristicamente non serve al processo evolutivo, e selezionando chi invece è destinato a far fare passi avanti all'umanità. La moltitudine, la normalità, è al servizio dell'evoluzione, se percepisce il suo ruolo di catalizzatore della diversità, che è la vera forza motrice del cambiamento.

Come disse Darwin "Non è la più forte delle specie che sopravvive, nè la più intelligente, ma quella più reattiva ai cambiamenti"

01/05/15

Gli schiavi della fede

Spesso religione e fede vengono utilizzati come sinonimi, ma si tratta di termini dal significato molto diverso.
La religione è un modello di relazione con Dio creato dalle varie società e culture. Si tratta di un sistema che comprende pratiche di culto, riti, codici di comportamento, in genere regolati da libri sacri "ispirati" da Dio, e che servono a codificare un credo, cioè una visione di Dio, instaurando canali di comunicazione con il creatore. Le religioni originano quindi dall'uomo e sono atte ad instaurare un legame tra l’uomo e Dio, codificato e regolato dall'intervento di altri uomini. In pratica le religioni sono le diverse forme storiche del rapporto tra uomo e Dio. La religione è la naturale conseguenza dell'uomo, essere razionale, di essere regolato da norme nel suo agire quotidiano. Ciò spiega che perchè spesso non vi sia distinzione tra religione e esercizio del poter temporale.
La fede è invece un atteggiamento personale e interiore mediante il quale l’essere umano, dotato di naturale spiritualità, si avvicina a Dio. La fede è in primis credere in un’entità soprannaturale che governa il mondo. I più dicono che la fede intesa come relazione personale con Dio porti all'isolamento dell’uomo e che quindi la fede debba obbligatoriamente tradursi nella scelta di una religione, per condividere con i propri simili e la comunità scelte e percorsi di vita. Se la fede resta senza un punto preciso di riferimento non può chiamarsi tale, ma religiosità, cioè predisposizione interiore dell’uomo a vedere nelle cose e nella vita un mistero più profondo.
La religiosità si manifesta quando nel vivere quotidiano, nei rapporti con la natura, il mondo animale e i nostri simili ci lasciamo guidare non dall'istinto, ma da un senso innato del giusto e del bene. E quindi esseri giusti e buoni verso gli altri e condurre una vita onesta in armonia con la comunità di cui si far parte, contribuendo con i propri talenti alla crescita della stessa, può essere un obiettivo di vita al di fuori di forme di aggregazione “religiosa”, che costringono la libertà individuale di fare del bene in canoni e dogmi che limitano la spiritualità dei singoli.
Non è quindi la religione la schiavitù della fede? Una forma di esercizio del potere temporale in nome di Dio, che porta nei casi estremi, che sono oggi sotto gli occhi di tutti, al bigotto fanatismo. Alla costrizione e alla sottomissione del proprio simile nel nome di Dio. La religione è la prigione della fede se priva della libertà di pensiero e vincola il credente in schemi e dogmi che non sono imposti da Dio ma dall'uomo. E allora la vera religione è quella che permette agli individui di condividere la propria fede, la propria visione spirituale della vita, in una comunità libera, con forme di governo semplici e non costrittive, ma soprattutto giusta e non governata da interessi terreni.

21/04/15

Diritto di amare

Negli ultimi tempi è balzata prepotentemente alla ribalta dell’opinione pubblica dei paesi occidentali la questione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso. In tutta Europa, dai paesi protestanti del nord sino alla cattolicissima Spagna, sono state emanate leggi che regolamentano con modalità differenti, va detto non sempre uniformi tra paesi, l’unione tra persone omosessuali. Un diritto finalmente riconosciuto dopo un faticoso, lungo e delicato processo di scardinamento di pregiudizi culturali e religiosi. Nonostante la tendenza generale, in due paesi moderni, repubblicani e laici, come la Francia e l’Italia, ancora si discute sull'opportunità di una scelta che vada nella direzione del pieno riconoscimento dei diritti costituzionali delle coppie omosessuali. Allo stato attuale questo diritto è negato per una mera questione di genere. La proposta avanzata dall'attuale governo prevede il riconoscimento legale dell’unione tra due persone dello stesso sesso attraverso la loro registrazione negli uffici comunali. Verrebbero applicate alle coppie omosessuali tutte le disposizioni previste per il matrimonio, dall'eredità agli alimenti, con l’unica esclusione delle adozioni. Un primo piccolo, ma significativo passo avanti. Tuttavia il governo tentenna e l’opinione pubblica appare divisa. Le influenze della destra conservatrice e le resistenze di una sinistra per ampia parte pervasa da una cultura di vecchio stampo cattolico sono responsabili dello stallo attuale.
Il delicato tema delle unioni civili tra omosessuali, va affrontato sfrondando la discussione da pregiudizi morali, culturali o religiosi e concentrandosi sugli aspetti etici, sul rispetto della persona umana, ma sopratutto sui diritti costituzionali, che non devono fare distinzioni di genere (sì, perchè non è corretto parlare di sesso...). Oggi tanti giustificano la negazione del diritto alla convivenza riconosciuta di fronte alla legge, perché queste unioni vengono giudicate moralmente o addirittura eticamente inaccettabili. E' singolare che a questi individui, come  a qualsiasi cittadino, si chieda di contribuire con le proprie risorse al mantenimento della comunità e al progresso della società, a cui di fatto appartengono, ma si neghi il diritto di farlo, all'interno di una famiglia legalmente riconosciuta, che goda degli stessi diritti legali di un famiglia formata da una coppia eterosessuale. E allora ci si chiede se sia accettabile che uno Stato conceda diritti di ogni sorta a chiunque, scordandosi il più delle volte di chiedere al destinatario di riconoscere i doveri nei riguardi dello Stato e della comunità. Ma non voglia riconoscere alle coppie non tradizionali il diritto fondamentale ad essere riconosciuti di fronte alla legge. Perché, ad esempio, lo Stato garantisce a tutti il diritto allo studio, ma semplicemente si dimentica di chiedere che ognuno contribuisca fattivamente allo sviluppo e alla crescita della comunità in base alle conoscenze e competenze acquisite con l'apprendimento scolastico? Perché è garantito il diritto alla salute, ma non anche il dovere di evitare comportamenti che ne mettano in pericolo l'integrità, a discapito di sè e della comunità? Perché si tutela il diritto di procreare, anche quando la natura lo impedisce, e con il supporto della medicina, ma non si chiede ai genitori di educare i figli secondo principi etici, offrendo alla società individui maturi e consapevoli che la rispettino e ne contribuiscano al progresso? Perché ogni cittadino ha diritto alla giustizia per un torto subito, ma non sempre il dovere di rispettare le leggi e di pagare il giusto per gli errori compiuti?. Perché viene garantito il diritto di imprendere e di intraprendere, ma non viene esercitato il controllo sull'obbligo di contribuire, con tasse eque e commisurate al proprio reddito, al mantenimento della società civile? L'elenco di contraddizioni tra diritti riconosciuti e doveri disattesi è purtroppo lungo e non si vuole annoiare oltre il lettore.
Il punto è semplicemente che uno Stato moderno deve riconoscere finalmente il diritto a tutti i cittadini che vogliono convivere nella legge, a vedere riconosciuta di fronte alla legge stessa la propria unione, con un contratto che abbia valore di tutela legale. I nostri governanti devono abbandonare pregiudizi e moralismi, concentrandosi sugli aspetti etici e costituzionali. Perchè anche le coppie omosessuali possano godere, finalmente, di pari diritti con tutti i cittadini. Ma soprattutto perchè possano esercitare con serenità e sicurezza del futuro il sacrosanto dovere di contribuire alla crescita multiculturale della nostra società laica.
Si chiede allo Stato di non negare il diritto di tutti a essere felici nel rispetto delle Sue leggi! Il diritto di amare!

07/04/15

Noxias herbas

I proclami annunciano l'evoluzione del nostro paese, l'attuazione di epiche riforme, il raggiungimento del punto di non ritorno verso un futuro radioso. Ma la realtà è un'altra. Amara e indigesta. La struttura e l'amministrazione dello stato sono un pericoloso miscuglio di burocrazia sabaudo-borbonica, arretrata e immobile. La macchina dello stato è infettata dal clientelismo e dalla corruzione, dall'inefficienza e dalla incompetenza. Tradizionalmente ancorata al passato e al mantenimento di inutili ed inefficienti privilegi e status quo.

02/04/15

Orgoglio e dignità

Quella di oggi è una società "orgogliosa" dove ognuno vive per celebrare se stesso e le proprie gesta. Senza spirito autocritico. Esisto dunque sono. L'orgoglio è sopravvalutazione di se stessi, annullamento di ogni forma di umiltà, la morte della dignità della persona umana. L'orgoglioso si confronta continuamente con gli altri, in una continua competizione, che spesso è scontro impari. Che ferisce la propria consapevolezza di essere il migliore. L'orgoglio ferito genera potenti e abominevoli mostri: il rancore, se non la vendetta, la gelosia, l'invidia. In casi estremi la violenza nel verbo e nella carne. L'orgoglio fa volare alti, troppo vicini al sole, con ali di cera.

15/03/15

Il diritto di opinione, il dovere di giudizio

La nascita dei social network ha offerto la possibilità a tanti di affacciarsi sul mondo e di comunicare con vaste moltitudini di persone. Questa comunicazione è il più delle volte a senso unico e senza controllo, un elemento che rende il web uno strumento di libertà globale, ma allo stesso tempo un pericoloso mezzo di propaganda. L’abitudine a scrivere sui social con le stesse modalità con cui si chiacchiera del più e del meno giornalmente nei bar, sui luoghi di lavoro, nei salotti delle famiglie italiane, ha stravolto profondamente e pericolosamente il modo comunicare tra le persone creando delle inutili casse di risonanze di opinioni personali.
Ecco, di questo volevo parlare. Oggi viviamo nel mondo delle opinioni. La velocità con cui si vive, il tempo che manca, la pigrizia, dono delle moderne tecnologie, fa sì che le persone scrivano, parlino, e senza pensare, rimbalzino frettolosamente notizie sentite o lette o viste qua e là. Commentano avvenimenti senza conoscere antefatti, premesse, conseguenze. Esprimono le proprie opinioni, che altro non sono se non convinzioni di massa formate in assenza di precisi elementi di certezza assoluta che ne aiutino a stabilire la verità. Anche se in buona fede, le opinioni, spesso non sostenute dalla conoscenza dei fatti, dei fenomeni, dei retroscena, null'altro sono se non una versione personale o, più spesso collettiva (social) del fatto. Una versione che il più delle volte è ingannevole o falsa. Un pregiudizio.
Chi invece, solitario, commenta, con ponderazione, supportato dall'evidenza, dalla ricerca e conoscenza dell’argomento, dai fatti; chi cioè trae un giudizio, di per sé più oggettivo e più vicino alla verità, viene messo in un angolo. Il suo giudizio non è conforme alla convinzione collettiva, cioè all'opinione comune.
Scriveva Jane Austen nel lontano 1818 nel suo bel libro Persuasione “Fatti e opinioni che devono passare attraverso tante persone per essere mal interpretate dalla stoltezza dell'uno, e dall'ignoranza dell'altro, non possono presumibilmente presentare molta verità alla fine”.

18/02/15

Un allegro incompetente andirivieni

L'Italia è fatta così. Persone senza arte nè parte che occupano posizioni di responsabilità, spesso amministrando chi ne sa più di loro. Con la loro imbecille incompetenza impongono cambiamenti "epocali". Per poi presto andarsene altrove. A offrire i loro preziosi servizi al progresso della civiltà. Per accrescere il loro egoistico prestigio, il loro potere temporale. Chissenefrega del progresso della comunità: a loro importa il loro. Affabili e leziosi, nessuno resiste al loro fascino. Anche i più intelligenti e critici soccombono.
Noi, che forse sappiamo fare poche cose, ma quelle poche le sappiamo fare bene (senza presunzione), rimaniamo, siamo qui, e di qui non ci muoviamo. Vediamo passare questi uragani di idiozia. Quando se ne sono andati raccogliamo i cocci, risistemiamo il locale e aspettiamo il prossimo genio del management, che ci cambierà la vita, che ci eleverà a un livello superiore, ci farà vedere cose mai viste prima.

22/01/15

In avanzato stato di decomposizione

L’immagine del titolo ben si sposa con una riflessione a tutto tondo sullo stato del nostro paese e sui grandi mali che lo affliggono. Il nostro non è un paese malato o moribondo, ma è un paese deceduto, da tempo. E’ vero, bravi sono i nostri astuti governanti, a farci credere che la creatura che vaga per le strade sia una sorta di lazzaro, risorto a vita terrena da un miracolo portentoso. Ma non è così. In realtà stiamo tutti vivendo in un quotidiano film dell’orrore. Quello che vediamo vagare per le strade non è un redivivo, un risorto miracolato, bensì un morto vivente, uno zombie, che ci infetta con la sua inguaribile malattia. E così, l’italiano medio, già abulico e menefreghista di suo, si sta via via trasformando in una nuova forma di vita, morta dentro.

17/11/14

Conoscenza è libertà.

La conoscenza è un bene prezioso che si sviluppa nel tempo attraverso la lettura, la visione, la comunicazione, il confronto, con chi condivide le nostre idee e con chi le contraddice con argomenti opposti e diversi. La conoscenza sviluppa negli individui la capacità di essere consapevoli di tutto ciò che gli accade intorno, sia che li interessi direttamente o meno. La conoscenza rende liberi. Liberi di scegliere. Liberi di sbagliare. Al contrario l’ignoranza, che sia consapevole o meno, rende schiavi e incapaci di discernere. Peggio ancora dell’ignoranza è la conoscenza basata esclusivamente sull'opinione altrui, che non è frutto di sintesi dialettica o confronto o elaborazione personale, ma semplice passiva  assimilazione di idee preformate. Questo concetto è sviluppato molto bene nel famoso mito della caverna di Platone.


Platone immagina degli uomini incatenati, fin dall'infanzia, nelle profondità di una caverna e immobilizzati davanti a un muro, incapacitati nel guardare indietro, dove arde un fuoco. Tra il fuoco ed i prigionieri, corre una strada rialzata, lungo la quale è stato eretto un muricciolo, lungo il quale alcuni uomini portano forme di vari oggetti, animali, piante e persone. Le forme proiettano la propria ombra sul muro e questo attrae l'attenzione dei prigionieri. Se qualcuno degli uomini che trasportano queste forme parlasse, si formerebbe nella caverna un'eco che spingerebbe i prigionieri a pensare che questa voce provenga dalle ombre che vedono passare sul muro. Mentre un personaggio esterno avrebbe un'idea completa della situazione, i prigionieri, non conoscendo cosa accada realmente alle proprie spalle e non avendo esperienza del mondo esterno (ricordando che sono incatenati fin dall'infanzia), sarebbero portati ad interpretare le ombre "parlanti" come oggetti, animali, piante e persone reali. Sintetizzando il messaggio di Platone, nel mito della caverna la luce del fuoco rappresenta la conoscenza, gli uomini sul muricciolo le cose come realmente sono (la verità), mentre la loro ombra rappresenta l'interpretazione sensibile delle cose stesse (l'opinione). Gli uomini incatenati rappresentano la condizione naturale di ogni individuo, condannato a percepire l'ombra sensibile (l'opinione) dei concetti universali (la verità), ma Platone insegna come l'amore per la conoscenza possa portare l'uomo a liberarsi delle gabbie incerte dell'esperienza comune e raggiungere una comprensione reale e autentica del mondo.

Nasce il blog fuori dalle righe

Per parlare, senza peli sulla lingua, del meglio e del peggio che ci circonda. Scavando la superficie e graffiando i potenti. Spaziando dai piccoli problemi quotidiani alle grande questioni che solo in apparenza non ci riguardano.