Al di là dell’incredulità, del dolore, del cordoglio e della rabbia, a
stento tenuta sotto controllo dalla ragione, gli eventi drammatici avvenuti pochi
giorni fa a Parigi ci insegnano purtroppo, ancora una volta, la solita dura
lezione: nel mondo globalizzato l’orgogliosa solitudine delle nazioni non può vincere
contro chi, con il pretesto di un proprio credo religioso o politico, voglia prevaricare
i diritti degli altri.
Non è insolito che proprio la Francia sia oggetto di ripetuti attacchi
da parte di movimenti integralisti. In Francia ha avuto origine il pensiero
illuminista, alla base delle moderne democrazie occidentali, prima fra tutte
gli Stati Uniti (ironia della sorte “Le Bataclan” si trova in Boulevard Voltaire…).
La Francia è stata la prima nazione che ha avuto il coraggio di abbattere con
la forza la monarchia secolare e creare una moderna repubblica, che riconosce l’uguaglianza
e la libertà di tutti i suoi cittadini, indipendentemente dai loro geni. E’
stata la prima nazione, con l’alienazione dei beni della Chiesa in epoca
rivoluzionaria, a separare Stato e Religione. La Francia è il primo vero paese “laico”:
un paese dove le istituzioni proteggono i propri cittadini, garantendo loro
libertà di espressione e indipendenza dal pregiudizio. Tuttavia, anche per
questo primato, la Francia è il paese orgoglioso che vive sovente il rapporto
con gli altri paesi (soprattutto europei) in maniera non sempre altruista.
E’ ora che questi tragici episodi, che si ripetono ormai troppo spesso,
ci insegnino ad essere più uniti, al di là dei puri interessi nazionali, ad
essere più altruisti, a difesa dei comuni interessi. L’unione di intenti ed un maggiore
altruismo, comporta anche l’abbandono della politica dei “due pesi e due misure”.
Tutta l’Europa piange oggi con grande trasporto e giusta commozione i morti e i
feriti di Parigi, francesi e non. Ma ha già “egoisticamente” dimenticato i 224
morti innocenti del volo russo della Kogalymavia abbattuto nei cieli del Sinai solo
2 settimane fa, o i 41 morti dell’attentato di Beirut di pochi giorni fa. E
potrei proseguire citando tanti altri episodi meno recenti, ma altrettanto
drammatici. Una cosa è certa: questo differente atteggiamento nei riguardi di
eventi tanto simili conferma l’incapacità delle democrazie occidentali di “fare
gruppo”, ancora troppo legate per cultura ai propri interessi locali, incapaci
di guardare oltre i propri confini, anche quando è in gioco la sopravvivenza di
tutta la comunità. Ecco quindi che mi auspico che eventi come quello di Parigi,
così come quelli precedenti di New York, Madrid e Londra, ma anche tanti eventi
“minori” portino ad un’azione comune che affronti in maniera decisa e risolutiva
i problemi. Non si chiede solo e sempre l’uso della forza bruta, spesso
controproducente, ma un’energica ed efficace azione di contrasto: anche gli
antichi romani, un popolo di saggi e al tempo stesso di conquistatori, seguiva
il motto “si vis pacem, para bellum” (“se vuoi la pace prepara la guerra”).
Quello che è necessario ora, subito, è una vera unione delle culture, degli spiriti,
delle politiche, degli intenti; priva di retorica e di interessi personali o
nazionali. Per questo oggi, controcorrente rispetto a quanto si vede sui
social, o si sente dire in televisione, io non mi sento italiano o francese, ma
mi sento Europeo, membro orgoglioso di questa variegata umanità. E guardo con speranza
ai miei simili, dai quali mi separa solo la lingua, non un esile striscia di
terra, un’ideologia, un governo, una religione. I mie simili, con i quali
condivido ciò che veramente importa: il diritto di essere libero e felice e il
dovere di assicurarmi che anche gli altri possano essere liberi e felici.
Ieri, oggi e domani “Je suis Européen”.
Ieri, oggi e domani “Je suis Européen”.